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Dal bianco e nero ai colori per combattere il Covid 19

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Sono passati esattamente 126 anni da quando Wilhelm Conrad Röntgen, un fisico tedesco di 50 anni, a Gedächtnisstätte dove risiedeva l’istituto di fisica dell’Università di Würzburg, scopri un nuovo tipo di radiazioni fino ad allora sconosciute e le chiamò pertanto raggi X. Per tale scoperta a Röntgen venne assegnata la laurea onoraria di dottore in medicina dall’Università di Würzburg e nel 1901 il premio Nobel per la Fisica. Röntgen donò il premio in denaro alla sua Università e rifiutò di brevettare la sua scoperta per motivi morali; non volle nemmeno che le nuove radiazioni prendessero il suo nome, anche se questo avvenne, indipendentemente dalla sua volontà.

Prima radiografia della storia
Prima radiografia della storia: la mano sinistra della moglie di Röntgen

Da quel momento nasce in medicina una nuova branca di studio: la Radiologia. Una tecnica completamente nuova che consente di guardare all’interno del corpo umano senza violarlo, di scoprire malattie e malformazioni senza toccare il paziente.

La Radiologia ha avuto uno sviluppo tecnologico lento all’inizio del secolo scorso con progressi nei primi 50 anni importanti, ma non rivoluzionari. Era la tecnica delle luci e delle ombre, del bianco e del nero, ove il bianco era tutto ciò che frenava ed assorbiva le radiazioni ed il nero le aree che le facevano liberamente passare. E nonostante tutto riusciva a documentare bene tante malattie, soprattutto infiammatorie polmonari, contribuendo ad esempio in  maniera determinante a combattere la tubercolosi.

Negli anni 60 Godfrey Newbold Hounsfield ingegnere inglese in forza alla EMI, era il responsabile di una squadra che progettò e realizzò il primo computer in Gran Bretagna: l’EMIDEC 1100. La EMI destinava in quegli anni una quota dei suoi profitti alla ricerca scientifica. Grazie al contratto ed al successo dei Beatles Hounsfield ebbe una grossa disponibilità di fondi per le sue ricerche e nel 1967 realizzò la prima macchina di tomografia computerizzata (TAC). Il primo dispositivo venne installato nel 1971 nell’Atkinson Morley’s Hospital di Wimbledon ed Hounsfield nel 1979 ottenne assieme a Allan Cormack il premio Nobel per la Medicina.

Prima Tac
Prima TAC della EMI (1971) che consentiva lo studio del solo encefalo

La TAC fu la vera rivoluzione per la diagnostica per immagini in campo medico: per la prima volta l’uomo riesce a vedere l’encefalo all’interno del cranio o organi addominali profondi come il pancreas o i surreni. Ma anche la TAC era ed è ancora basata su immagini ricavate da scale di grigi, quindi immagini in bianco e nero. Altrettanto dicasi per le altre tecniche di diagnostica per immagini che l’hanno seguita come l’ecografia e la risonanza magnetica.

Ma l’osservazione in bianco e nero è molto limitata nell’occhio umano che riesce a distinguere poche decine di diversi livelli di grigio. Si possono variare tali livelli attraverso sistemi di elaborazione delle immagini ma si rimane comunque limitati. E pensare che invece l’occhio umano riesce a percepire milioni di tonalità di colore !

Fino ad oggi soltanto la Medicina Nucleare con le scintigrafie e la PET aveva utilizzato il colore nelle immagini del corpo umano. Con il diffondersi della pandemia da virus SARS-CoV2 e la necessità di chiarire nuove problematiche diagnostiche soprattutto a livello polmonare stiamo sempre più utilizzando mappe colorimetriche per la diagnosi attraverso immagini TAC del polmone o di altri organi. La radiologia ed in particolare la tomografia computerizzata diventano quindi a colori dopo 126 anni di bianco e nero.

Le mappe colorimetriche vengono oggi utilizzate per distinguere nei pazienti COVID 19 le aree del polmone con normale aereazione, con iniziali segni di malattia e quelle in cui la malattia si presenta a livelli più avanzati. E le mappe consentono anche una valutazione volumetrica di queste aree, misurandole ad esempio in litri o cm3 e permettendo una esatta valutazione dell’andamento della malattia (e dell’efficacia degli interventi terapeutici) dalla variazione di questi volumi. Sempre le analisi colorimetriche permettono di riconoscere agevolmente i piccoli difetti di canalizzazione dei vasi polmonari più piccoli, quindi le microembolie polmonari, una condizione molto temibile in corso di malattia COVID 19, che deve essere prontamente riconosciuta e curata.

Segmentazione polmonare con mappe colorimetriche e valutazione dei volumi polmonari delle aree normalmente aereate e di quelle colpite dalla polmonite nelle varie fasi.
Segmentazione polmonare con mappe colorimetriche e valutazione dei volumi polmonari delle aree normalmente aereate e di quelle colpite dalla polmonite nelle varie fasi.
Riconoscimento della microembolia polmonare da COVID 19 attraverso mappe colorimetriche di vascolarizzazione.
Riconoscimento della microembolia polmonare da COVID 19 attraverso mappe colorimetriche di vascolarizzazione.

Siamo soltanto all’inizio di una vera rivoluzione della diagnostica per immagini per uso medico che non solo colora le sue immagini, ma aggiunge moltissime ulteriori informazioni che fino ad oggi sono state invisibili con la sola rappresentazione monocromatica.






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