Notizia di poche ore fa (momento in cui scrivo): all’Ospedale San Martino di Genova quindici infermieri hanno rifiutato per motivi “filosofici”, e non per controindicazione clinica, il vaccino contro SARS-CoV-2 ed ora sono positivi; a Treviso cinque dipendenti dell’ULSS 2 Marca Trevigiana non vaccinati sono risultati positivi al Coronavirus.
Non intendo qui occuparmi dei risvolti assicurativi per l’INAIL né affrontare, conseguentemente, la problematica del nesso di causalità rispetto al “dove” avrebbero contratto l’infezione ovvero del danno che avrebbero, o hanno potuto, provocare ai Pazienti da loro assistiti, ai Colleghi, alla Struttura in cui lavorano. Tanto meno considerare la assurda complicazione, tutta ed esclusivamente italiana, costituita dalla vigente normativa privacy che sembrerebbe vietare di chiedere a chicchessia il proprio stato vaccinale (oh anime belle!!!).Sostengo solamente che si è trattata di una grave inadempienza deontologica da parte di chi opera in strutture sanitarie ed ha quindi il dovere di curare la propria salute, oltre a quella dei Pazienti, per il principio implicito che l’una dipende dall’altra.
Vorrei, invece, affrontare sinteticamente la questione di come hanno risolto il problema “obbligo vs adesione spontanea” i più progrediti Paesi, europei e non.
Sappiamo che l’antivaccinismo trae il suo maggior alimento dai timori delle madri riguardo la sicurezza dei loro figli. Una delle basi da cui partono quasi tutti questi gruppi è la solita storia pubblicata da Lancet in un articolo che sosteneva esserci un legame tra vaccino e autismo; gli studi successivi hanno dimostrato ampiamente che non vi sono legami tra vaccini e una maggiore incidenza di casi d’autismo. L’articolo di Lancet come tanti sanno, ma che gli antivaccinisti generalmente fanno finta di non sapere, è stato poi ritirato e l’autore fu radiato dall’albo dei medici.
In Italia, l’obbligatorietà di una vaccinazione è consentita dall’articolo 32 della Costituzione che, al primo comma (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti), definisce la salute quale diritto dell’individuo da garantire al pari dell’interesse più generale di tutta la popolazione e, al secondo comma (Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana), pone i limiti entro i quali tale obbligo può essere imposto.
L’obbligatorietà, inoltre, proprio perché vi è il superamento dell’interesse individuale, garantisce da parte dello Stato la totale gratuità e, cosa ancor più rilevante, la responsabilità risarcitoria per eventuali danni biologici che, sia pur rari, sono connessi a qualunque pratica medica e non solo alla somministrazione di vaccini (legge 25 febbraio 1992, n° 210).
Inoltre, le vaccinazioni obbligatorie, al contrario di quanto generalmente si crede, non sono solamente alcune di quelle specifiche per l’infanzia, ma sono previste anche per gli adulti come, ad esempio, nel caso della vaccinazione contro il tetano diretta ad alcune categorie di lavoratori che sono a rischio di contrarre tale infezione.
In Europa sono 15 i Paesi che non prevedono vaccinazioni obbligatorie, mentre i restanti 14 Paesi hanno almeno una vaccinazione obbligatoria inclusa nel loro programma vaccinale.
Seri studi comparativi internazionali hanno dimostrato che le vaccinazioni diminuiscono nei Paesi dove c’è poca fiducia nelle Istituzioni e nelle Autorità sanitarie, e si dà più retta a quel che “dice internet”. In Italia, per fare un esempio, negli scorsi anni la copertura pediatrica contro il morbillo è scesa dal 90% all’85%: questo, oltre alla numerosa popolazione adulta non immunizzata, è bastato a provocare 2.500 casi nei primi cinque mesi del 2017, con un 30% di complicazioni. Ancora peggio è andata in Romania, dove voci sulla pericolosità del vaccino, ma anche la scarsa copertura vaccinale fra i Rom, hanno finito per scatenare un’epidemia con 3.500 casi e 17 morti. Che l’uso dei vaccini possa crollare improvvisamente per motivi irrazionali è noto fin dal 1993, quando il caos politico e il diffondersi di allarmi infondati provocò un drastico calo nelle coperture vaccinali in Russia, con la conseguenza che negli anni successivi si registrarono 140.000 casi di difterite, con 4.000 morti.
In Italia importanti vaccinazioni per l’infanzia, come quelle storiche contro il morbillo o la parotite o la rosolia o la pertosse, tutte malattie fortemente invalidanti e con residuati gravi anche a distanza di tempo (basti pensare alla panencefalite subacuta sclerosante che è legata al virus del morbillo, letale praticamente sempre e che può insorgere anche 20 anni dopo l’infezione) all’epoca non erano state rese obbligatorie non per motivi tecnici o scientifici, ma piuttosto per dare “politicamente” seguito a false ideologie salutiste le cui argomentazioni non hanno mai retto all’analisi scientifica in nessuna parte del mondo. Insomma, favole da rete più che serie e comprovabili obiezioni scientifiche. E gli stessi motivi hanno pesato su vaccinazioni più recenti quali l’antimeningococco B e C, l’antipneumococcica, l’antirotavirus.
In Italia, per i genitori inadempienti di tutti i minori da zero a 16 anni , la legge prevederebbesanzioni, da parte delle Asl, da 100 a 500 euro, sanzione che in realtà è rimasta sulla carta salvo che in pochissimi casi, a causa di difficoltà burocratiche, incertezze applicative, conseguente timore di contenziosi e –tanto per cambiare- per la presenza di un sistema sanitario sanguinosamente regionalizzato come si evince anche dall’esperienza dell’attuale pandemia.
Molti sono i Paesi, europei e non, che hanno introdotto l’obbligatorietà vaccinale nella loro legislazione o con norme esplicite come in Italia ovvero rendendo la vaccinazione propedeutica ed indispensabile per inserirsi nella Società, come ad esempio ha fatto la Germania che prevede una multa fino a 2.500 euro per chi non fa vaccinare i figli, in aggiunta al divieto di frequentare la scuola.
In Australia le autorità hanno deciso di risolvere il problema a monte: se non fai immunizzare tuo figlio, non hai diritto agli assegni familiari. Il che significa rinunciare a 15 mila dollari australiani – cioè più di 10 mila euro – per figlio all’anno. Inoltre, chi contrae una malattia infettiva per la quale è prevista la vaccinazione a carico dello Stato, non può godere dei vantaggi dell’assistenza di quel Servizio Sanitario Nazionale sia nel momento acuto della malattia che per gli eventuali danni permanenti eventualmente correlati causalmente a quella patologia.
Negli USA se non ci si è vaccinati contro alcune malattie (le stesse obbligatorie in Italia ed altre ancora tra quelle raccomandate) non si possono frequentare le scuole primarie né andare in un college ovvero non ci si può arruolare, etc. .
Che fare, dunque, soprattutto in ordine alla vaccinazione contro SARS-CoV-2?
Fatte salve le controindicazioni cliniche ben conosciute e la possibilità di scegliere il vaccino da assumere, credo che la ricetta risulti banale: le strade sono due e cioè chiaro obbligo di legge o farisaico obbligo indotto con sbarramenti ad alcune possibilità quali limitazioni delle mansioni e relativa modifica stipendiale, divieto di accesso ad alcune tipologie di comunità, perdita del diritto all’assistenza a carico del Servizio Sanitario Nazionale, responsabilità civile e penale in caso di danno a terzi dimostrato causalmente correlato, etc.
Per scegliere ed imboccare la strada più efficiente, però, dovremmo avere un Servizio Sanitario Nazionale veramente unitario ed ugualitario, la capacità politica di esercitare il dovere di surroga ampiamente previsto in tema di emergenza sanitaria, un complessivo corpus legislativo semplificato e non contraddicentesi oltrecchè privo di bizantinismi lessicali, partiti politici capaci di tornare ad essere guida e non perseverare nell’inseguire un fatuo e dannoso consenso teso al galleggiamento.
Ed invece, tanto per dirne una, fatto da me personalmente verificato in una ASL Laziale, accade che la richiesta di registrare l’avvenuta vaccinazione anti SARS-CoV-2 sul proprio libretto vaccinale o su quello lavorativo venga rifiutata né viene rilasciata certificazione di altro tipo –dimenticando che la vaccinazione è un atto medico e che come tale sottostà alle norme certificatorie- perché … non c’è una direttiva del Ministero della Salute e quindi, per carità, nessuna carta intestata e nessuna firma … non si sa mai!