Nell’ambito della sanità pubblica la pandemia da Sars-Cov2 ha avuto un peso rilevante sulla medicina territoriale: lo sforzo di tutelare la salute della popolazione durante la pandemia ha comportato e comporta tuttora il tentativo di minimizzare la morbilità e la mortalità ottimizzando risorse e strategie che possono richiedere limitazioni e uno sforzo comune da parte di tutti.
Il Medico di Medicina Generale (MMG) è chiamato ad affrontare una serie di nuove sfide cliniche, assistenziali e gestionali che implicano la risoluzione di importanti dilemmi anche etici presenti nella nuova quotidianità della pratica clinica. La medicina delle cure primarie con, in prima linea, la medicina generale, il servizio di continuità assistenziale e la pediatria di libera scelta, si è trovata a fronteggiare situazioni complesse in condizioni estremamente precarie da un punto di vista organizzativo e preventivo.
Durante l’emergenza sanitaria si è passati da uno standard di cura solitamente indirizzato ai bisogni medici e assistenziali specifici dei singoli pazienti a uno standard attento alla salute della comunità, cercando di mantenere comunque il miglior livello di cura individuale. Una profonda incertezza ovviamente accompagna inesorabilmente ogni pandemia: le conoscenze iniziali non sono spesso sufficienti ad affrontare il problema nel modo più adeguato e richiedono specifiche esperienze e conseguente formazione per ricorrere a soluzioni idonee in aiuto all’MMG nel proprio lavoro.
Da MMG di una città come Parma mi sono trovata nella ad operare tra difficoltà, criticità, insicurezza e imprevedibilità, in una situazione epocale in cui i sistemi ospedale e territorio sono chiamati ad una nuova relazione, attraverso una progressiva integrazione (inter e intra professionale) e a una necessaria simbiosi. Attraverso una prima analisi si può affermare che, l’epidemia ha evidenziato le oggettive difficoltà del rapporto MMG/SSN facendo emergere diversità tra le realtà regionali in base ai parametri di pianificazione degli interventi per il contenimento e il controllo dell’epidemia, ma ha anche posto l’accento sulla preziosa attività di sanità pubblica che l’MMG svolge nella comunità, in particolare l’insostituibile e peculiare conoscenza dei singoli suoi assistiti, del loro stato di salute, delle individuali condizioni di rischio e delle condizioni sociali e ambientali in cui vivono.
L’MMG è dunque il primo “mattoncino” di qualsiasi sistema di sorveglianza della salute, in quanto custode delle informazioni sulla salute dei cittadini, si addentra nelle pieghe familiari degli assistiti ed è in costante rapporto con la rete dei servizi ospedalieri e di sanità pubblica delle Aziende Sanitarie Locali.
L’MMG, non è più soltanto medico di famiglia della cronicità, ma allarga l’orizzonte verso la cura delle patologie acute gestibili nel suo ambito dando un significato ancora più esteso alla medicina di comunità: a lui è ora affidata la gestione domiciliare delle acuzie trattabili, la gestione dei pazienti cronici e fragili, come anche l’assistenza all’interno degli ospedali di comunità oltre alle altre funzioni previste dal contratto nazionale. L’attuale pandemia evidenzia la necessità di valorizzare le funzioni di prevenzione e sorveglianza dell’MMG anche con adeguate forme di riorganizzazione della sua attività professionale.
In corso di pandemia il rapporto MMG-paziente può presentare un nuovo modello relazionale, non solo diretto e personale, fondato sulla semeiologia classica, bensì un modello anche mediato dai mezzi di comunicazione e dai nuovi sistemi informatici (e-medicine o telemedicina), all’insegna di una diagnostica sempre più di tipo strumentale che conduce ad una dimensione virtuale della prestazione medica e del contatto col proprio assistito. Ciò può essere vero anche durante la prosecuzione della cura: la telemedicina e la “televisita”, che si connotano nella prassi soprattutto come teleconsulto, diventano strumenti di sorveglianza clinica e di valutazione a distanza dell’effetto/efficacia terapeutica, oltre che strumento di conforto e di vicinanza con i propri pazienti.
Il ruolo dell’MMG presenta durante il periodo pandemico delle novità: da medico soprattutto della cronicità diventa medico in prima linea anche della gestione delle acuzie trattabili a domicilio, attuando forme di sorveglianza attiva e di prevenzione attiva. Nella gestione delle acuzie l’MMG non ha soltanto uno specifico ruolo nella integrazione assistenziale ospedale-territorio, ma anche, ove possibile, ricopre la nuova funzione di coordinamento e d’indirizzo nell’attività delle USCA di cui è pur sempre riferimento e responsabile della cura.
Tale possibilità, in certe realtà regionali, contribuisce a sviluppare una visione proattiva della prestazione medica, permettendo la gestione delle acuzie di quei pazienti COVID-19 positivi direttamente ed elettivamente presso il proprio domicilio o in strutture dedicate. Infine, si ricorda che l’MMG è tenuto alla riservatezza delle informazioni ed al segreto professionale volto alla tutela della privacy del paziente infetto (soprattutto asintomatico o paucisintomatico), il cui stato di salute e di infezione deve però essere denunciato ad altri medici e alla famiglia affinché i provvedimenti e le misure da adottare siano efficaci per il bene della comunità. In questa difficile posizione l’MMG deve da un lato cercare di salvaguardare il diritto del paziente alla protezione dei dati personali, ma allo stesso tempo deve ritenersi co-gestore della salute pubblica.
La comunicazione dell’MMG in questa situazione non può essere sottovalutata e va da una prima fase informativo/educativa in merito all’igiene individuale e collettiva (dall’igiene della persona, all’isolamento laddove necessario, alla distanza sociale), alla prevenzione e a tutte le informazioni date, e ancora da comunicare, attraverso i sistemi informatici e mezzi di contatto: dalla lettera, alla telefonata, al colloquio col paziente, ai contatti con i familiari e infine anche con le aziende sanitarie.
Questa azione, specifica dell’MMG, da svolgere anche e soprattutto nelle reti socio-assistenziali create attorno ai pazienti anziani e più fragili, deve essere rivolta anche a contrastare le numerose informazioni non veritiere che circolano soprattutto tramite i media sociali. La comunicazione dell’MMG si articola nel quotidiano anche con i colleghi specialisti, con il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica, con coloro che lavorano presso il Pronto Soccorso e con tutti coloro che offrono un supporto specialistico accurato ed esaustivo per la gestione dei pazienti sul territorio, come pure nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), nelle Residenze Sociosanitarie Assistenziali per Anziani (RSSA) e in altre strutture dedicate.
L’autorevolezza del medico si mostra in primis nella capacità di trasmettere una corretta e veritiera informazione attraverso la chiarezza nell’esposizione di norme da seguire, al fine di rispondere alle esigenze di limitazione dei contagi; ciò si può realizzare attraverso una coerenza emotiva, pratica ed esistenziale relativa al messaggio da dover comunicare e a una scelta di modi, tempi e parole adeguati a chi si ha di fronte (con particolare attenzione ai pazienti più critici e ai loro familiari). Attraverso una corretta informazione l’MMG è in grado di:
Superata la fase acuta si devono valutare le fasi successive con particolare riguardo alle “infezioni di ritorno” e alle complicanze post-acuzie, mettendo in campo tutti i presidi clinici e strumentali, nonché organizzativi, al fine di controllare la possibile trasmissione del contagio da positivi non noti o da pazienti parzialmente guariti: vi sono infatti asintomatici infettivi positivi, o ancor più falsi negativi e presunti guariti (per fortuna in numero limitato) in cui si stanno riscontrando recidive sintomatologiche e lesioni polmonari anche in presenza di tamponi negativi all’atto della dimissione ospedaliera.
Nella fase di stabilizzazione prevarrà soprattutto la prevenzione, con richiamo a corretti stili di vita e anche a intervento vaccinale antinfluenzale, soprattutto dei soggetti fragili e degli anziani, in vista dei mesi più freddi, che sono di norma favorenti le virosi influenzali con possibili, nuove, ondate epidemiche. La prevenzione diventa perciò una prassi da consolidare laddove il controllo e la sorveglianza della popolazione, per quota parte assegnata ad ogni MMG, saranno punti cardine per l’evidenza di sintomi e di situazioni cliniche, predittivi di virosi in fase iniziale o pre-epidemica.
A maggior ragione gli MMG avranno un ruolo cruciale laddove vi siano quadri clinici premonitori, riconosciuti ad ora probanti per un “ritorno di COVID-19” o di ceppi mutati di analoga o diversa virulenza. La tracciabilità dei contatti permetterà di giungere ad una identificazione dei pazienti a fini diagnostici e terapeutici precoci. Non possono essere trascurati gli aspetti legati alla diversa reazione psicologica individuale sia dell’MMG, soprattutto operante nelle zone ad alta endemia, il quale può andare incontro a fenomeni di stress e stato ansioso-depressivo reattivo, sia del paziente facile preda di stati depressivi a causa delle misure di contenimento.
Sono da tenere in considerazione anche le manifestazioni di panico e di isteria, che possono manifestarsi soprattutto in soggetti borderline all’atto dell’apertura post-lockdown, attribuibili a diverse cause (paura del contagio, incapacità a riprendere la vita all’esterno di casa, mancanza di protezione, timori per la ripresa del lavoro).
Nell’ambito della medicina territoriale in emergenza pandemica, l’MMG si trova ad avere il complesso onere di bilanciare le difficoltà oggettive (strumentali) e soggettive (relazionali) di chi chiede cura e assistenza, ma ciò inevitabilmente si ripercuote anche sulla sua persona, sul suo operato e sullo sforzo di mantenere uno standard elevato di cura confrontandosi con tali reali difficoltà.
L’equilibrio atto a riconoscere una buona azione di cura, quindi, non è immediato in quanto esso si trova in quella relazione intersoggettiva (MMG, singolo paziente, comunità, ospedale) fortemente minata dall’epidemia. I principi etici attraverso i quali poter definire buono un atto medico non cambiano in base alla situazione emergenziale che stiamo vivendo. Ciò che cambia è la modalità di applicazione di tali principi relativamente ad una circostanza particolare e di erogazione delle cure. In tale situazione pandemica i fondamentali principi in gioco sono principalmente due: il rispetto dell’autonomia e il principio di giustizia.
Per l’MMG il bilanciamento tra questi è più facilmente applicabile nella quotidiana pratica clinica rispetto alle condizioni emergenziali che stiamo vivendo. Questo per il fatto che la realtà attuale è più complessa. In emergenza pandemica il rispetto del principio di autonomia dev’essere rimarcato non solo per il paziente ma anche per il medico, che deve offrire le proprie competenze tutelando al contempo la propria salute occupandosi anche dei suoi stretti collaboratori, per il proprio bene e per poter continuare la propria professione a beneficio di tutta la comunità. D’altro canto, il principio di giustizia richiama al contempo un’attenzione verso i bisogni di ogni cittadino e le necessità di un’intera comunità o Nazione.
Per tali ragioni il compito dell’MMG dev’essere scrupoloso, perché solamente attraverso il poter prendersi cura, in modo proporzionato, di ogni singolo paziente può estendere attenzioni e cure ad un’intera comunità: essere in grado di garantire il fondamentale diritto alla salute di ogni cittadino comporta farsi carico del singolo nell’interesse di tutta la collettività. Ciò implica anche farsi carico della sicurezza dell’MMG nell’agevolare la sua opera, mettendo a disposizione presidi e organizzazione adeguati.
Questo comporta, dal punto di vista etico clinico, porre più attenzione verso la propria persona, la propria sicurezza, i pazienti, la comunità e la possibilità di svolgere al meglio la professione, ma anche, più in generale, a una sinergia tra la medicina specialistica ospedaliera e quella territoriale, talvolta non ancora pienamente realizzata.
In un sistema che si presuma debba sempre più considerare la relazione tra medicina ospedaliera e medicina territoriale, si palesa l’immagine di una medicina pubblica, nella quale ogni ambito è direttamente collegato ad un altro grazie ad una diversificazione e ad una integrazione dei ruoli e delle funzioni, orientata all’assistenza e alla cura della persona e delle sue patologie.
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