Lucifero era l’angelo più bello ed è diventato l’emblema del Male. Perchè il Male seduce, attira, porta a sé e presenta una dimensione estetica dell’umano.
Gabriel Tarde in “Monadologia e sociologia” sostituì il “Cogito ergo sum” cartesiano con “Io desidero, io credo dunque io possiedo”.
Il singolo essere umano è mosso dalla dalla volontà e dal desiderio di avere e per ottenere questo si relaziona con gli altri, li attrae e se ne differenzia.
Il male come fenomeno multiforme che affascina l’essere umano anche per il suo essere l’altra faccia del bene, non può essere pertanto avulso dal concetto di bene.
Le definizioni di Male sono attratte e si basano su una comparazione/opposizione a tre dimensioni: il corpo (sensazioni fisiche di sofferenza), la vita psichica (per es. la derisione, il mobbing), la vita sociale (i processi sociali di persuasione e di condizionamento).
Negli studi e nelle ricerche di Scienze Sociali il Male come fenomeno può essere analizzato a livello macro e a livello micro nelle azioni umane. Bauman in “Le sorgenti del male” (2013) ne analizza i termini.
“Una verità sul Male, se detta Male, irrobustisce in Male”, sentenziò Karl Krauss in un suo aforisma. Hannah Arendt si oppose fermamente alla riduzione innativista e individualista del Male argomentata da Adorno. Seguendo le centoventi sedute del processo ad Adolf Eichmann, che sosteneva di essersi occupato soltanto dei trasporti nei campi di sterminio, come corrispondente del “The New Yorker”, ebbe tali suggestioni da scrivere “La banalità del Male”.
La Arendt analizza in questa circostanza i modi in cui le facoltà del pensiero possono evitare azioni malvagie. “L’uomo comune”, Eichmann, uomo mediocre e superficiale, dichiara la sua assoluta obbedienza all’autorità di cui subisce il fascino incondizionato.
La sconfinata ammirazione nei confronti di chi occupa posizioni di potere e di comando, porta ad una profonda avversione ai più deboli, induce a compiere azioni malvagie in modo acritico.
La società della comunicazione pre-Covid ha indotto ad implementare lo schema dell’adesione ad una figura forte considerata legittima fino ad un vero e proprio processo di seduzione facilitato dalla de-individualizzazione anche grazie ad oggetti simbolici tanto che Bauman scrive che “Le mostruosità non hanno bisogno di mostri, gli oltraggi esistono senza che vi siano personaggi oltraggiosi”.
Praticare il male ha a che fare con l’identità sociale non con la mente umana.
Se si parla di Male nelle Scienze Sociali si fa riferimento alla guerra, ai genocidi, al terrorismo, ai delitti, fatti sociali tutti diversi per metodo e periodi storici, ma che hanno in comune una fascinazione di dominio, di annientamento, di disumanizzazione.
In questo processo i mass-media hanno un ruolo non irrilevante in quanto capaci di catturare l’attenzione di una comunità su certi temi piuttosto che su altri, contribuendo ad aumentarne la fascinazione.
Il Male sa convincere, sa trascinare,usa mezzi fuori dal contesto e neutralizza , con il suo fascino, ciò che è in genere un tabù, il sesso, il delitto, il dissenso, la persecuzione, ecc.. Questo percorso è facilitato da campagne rivolte a disumanizzare “il nemico”, legittimando l’uso della violenza.
Se “l’ebreo”, “il negro”, “il padrone”, “le donne”, “i vecchi”, “gli omosessuali” sono irrilevanti o inutili o dannosi sarà legittimo sterminarli, ucciderli, stuprarli, eliminarli.
Qui è utile rifarsi agli studi di Gustav Le Bon. La maggior parte della classe dirigente nazista fu in grado di distruggere un intero popolo stando seduta dietro una scrivania, ma esercitando il loro fascino di biondi ariani, araldi della razza pura.
Così la fascinazione del mito del Maschio potente si legge nello stupro di massa, ad esempio in quello che accadde nel 1992 in Bosnia, una vera e propria “pulizia etnica” operata attraverso lo stupro, una pratica che umilia la vittima e la sua comunità che non è stata in grado di proteggere le sue donne, forte figura simbolica poichè la donna rappresenta nell’immaginario collettivo “la madre patria”, con un grande valore iconico, aumentando “il valore pubblico” e politico dell’uomo stupratore.
In quegli stessi anni (1994) in Ruanda veniva diffuso da “Radio Télévision libre des Milles Collines” il messaggio che i Tutsi possedevano caratteristiche maligne, in particolare le donne capaci di ammaliare e sedurre, caratteristiche che minacciavano l’identità Hutu. La radio era il mezzo più diffuso in una popolazione in gran parte analfabeta, con tecniche di comunicazione in diretta dai luoghi della vita quotidiana, si legittimò cosi uno dei più spaventosi genocidi della storia del XX secolo.
Il male non è privo di un sistema valoriale che rovescia il sistema su cui si fonda la società umana: l’odio, il disprezzo, la bruttezza fisica o il non corrispondere ai canoni prevalenti, la fragilità, la diversità fino a farne elementi di annientamento.
Il male permette di esprimere il lato oscuro dell’umano, la parte istintuale negata dall’etica e dalle norme.
La spettacolarizzazione del male ha il ruolo di convincerci che il male è “altro da noi”, non ci appartiene. Ma al tempo stesso conferma che esso abita in noi, è parte della nostra natura umana che ci attrae e che respingiamo.
Così come nella Roma antica i “Venationes” e la “Damnatio ad bestias” condannavano a morte attraverso la lotta con animali oppure all’ultimo sangue con delinquenti, disertori o cristiani (per questo Flavio Vespasiano costruì il Colosseo), la spettacolarizzazione del dolore e della morte esercitava un fascino grande sul popolo romano, fascino che univa Thanatos e Eros in un ritorno all’animalità che sottende il fascino del Male.
Così nel Medio Evo si perpetuavano “le lugubri feste punitive”, le esecuzioni sulla pubblica piazza. La curiosità, l’attrazione ad osservare, una sorta di voyeurismo, conduce ad un interesse eccessivo verso i fatti di cronaca nera fino a superare la soglia del rispetto, come accadde per i fatti di Avetrana, prima ancora, di Cogne, sfociando in un vero e proprio “turismo dell’orrore”: una fascinazione del bello sugli animi sensibili, come avviene al suo contrario.
La seduzione del male è esercitata anche dal fascino dell’attore social che compie azioni malvagie, del protagonista di comportamenti efferati che induce chi osserva ad attenuarne la responsabilità fino a colpevolizzare la/le vittime.
La seduzione del Male induce a cercare di ottenere emozioni forti che bene si trasmettono con le immagini. Il voyerismo porta a fare coincidere la pulsione di vita con la pulsione di morte. Si originano così quelle pulsioni di sadismo e di masochismo che implicano dolore e sofferenza.
L’inclinazione a infliggere o ricevere sofferenze nella sfera sessuale si mescola ad una certa aggressività anche di tipo sessuale: quando Thanatos e Eros si incontrano si raggiunge un punto alto della seduzione del Male.
Scriveva Baudelaire nel 1908 (“Oevres posthumes”) “Il fault toujours en revenir à de Sade” a cui Eluard riconosce la capacità di “redonner à l’homme civilizé la force de ses instincts primitifs”.
Il tema che si origina da queste riflessioni giunge al punto in cui per eliminare il Male si devono mobilitare le energie individuali e sociali, ma non si può dimenticare che il Male è un elemento essenziale della costruzione sociale e contribuisce a nuovi ordini sociali attraverso le guerre, le persecuzioni, i genocidi, le varie forme di colonialismo, ecc..
“Le guerre scoppiano quando sono necessarie, poi i raccolti crescono di nuovo” argomenta Michel Maffesoli. Se esistesse soltanto il Bene assoluto vivremmo in un mondo totalitario, perfetto non perfettibile.
Accettare il Male e la sua seduzione significa riconoscere che esso è parte costitutiva della società e di ogni singolo attore sociale. L’essere umano ha una sua costitutiva, doppia complessità. Ogni evento malvagio e catastrofico riveste una attrazione antropica che ha però un’alternanza ritmica nell’interezza dell’essere e del costrutto sociale stesso.
Così il Bene e il Male costituiscono due aspetti complementari della vita umana e sono la luce e l’ombra, l’amore e l’odio, il bianco e il nero, il giorno e la notte, la luna e il sole di un percorso storico per cui “l’inferno è lastricato di buone intenzioni”.
Apollo e Dionisio, scrive Maffesoli in “La parte del Diavolo”, rappresentano i due impulsi fondamentali entro cui oscilla la serenità e la compostezza, l’ebbrezza e la sfernatezza anche estrema, al suo opposto.
Nietzsche dimostra però che tra Apollo e Dionisio c’è un legame più stretto di quanto non appaia che alimenta e risolve il caos attraverso l’arte, lo stile, l’educazione, la cultura, la formazione, le leggi, l’informazione che hanno anch’esse un forte potere seduttivo.
La vita, l’èlan vitale della filosofia di Bergson e della sociologia di Simmel, si snoda tra razionalismo ed ebbrezza creativa, tra limpidezza etica e oscurità caotica, con il prevalere delle zone d’ombra.
Il Male diventa la metafora della Mela dell’Eden, il doppio di ciascuno di noi.
Una metafora del Male è oggi rappresentata dalla pandemia del Covid 19 che indica una serie di eventi nefasti e, al tempo stesso, riveste un altissimo interesse da parte di tutti gli attori sociali fino ad essere interpretato come punizione divina, ribellione della natura, tentativo di guerra batteriologica e definito “PESTE”.
La peste è sempre stata associata ad ogni male ed a ogni sventura, dalla peste Antonina alla peste de “I Promessi Sposi”, a quella magistralmente descritta da Camus, all’AIDS come emblema dell’umano agire, metafora del male eppure attraente, studiata, monitorata, attrattiva per l’arte come per i mass-media, per la scienza come per la politica.
La nuova peste, il Covid 19, mette in luce il paradosso del rinnovamento collettivo, insiste sul concetto stesso di Male che rompe tutti gli equilibri e innesca i mutamenti più profondi. La positività del male prova “le buone intenzioni del male ” (“non tutti i mali vengono per nuocere”) e lo rende seducente, inconsapevolmente seducente.