Welfare sanitario pubblico- privato, una necessaria ibridazione

Premessa

Il SSN è stato concepito in un contesto storico diverso, non paragonabile all’attuale, come strumento attraverso il quale garantire il diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione. Parallelamente sono cresciuti un sistema sanitario integrativo, auto-organizzato, finanziato dal welfare aziendale di origine contrattuale, stimolato dal mondo del lavoro  e dalla la spesa out of pocket (spesa privata pagata di tasca propria) per via della ridotta risposta sanitaria del SSN nei confronti dei cittadini rispetto al patto fondativo della sanità pubblica.

Per capire il vero senso della sanità integrativa, intesa come secondo pilastro della SSN, è utile rammentare che per circa 19 milioni di italiani non è stato possibile usufruire nel 2019, in tempi accettabili, delle prestazioni Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) prescritte dai medici per cui molti sono stati costretti, di conseguenza, o a rinunciarci o farle a pagamento; di converso 13 mln di cittadini hanno voluto la second opinion per la stessa malattia.

Ciò significa che il rapporto del cittadino con la sanità sarà sempre duale, ossia mai o solo pubblica o solo privata ragion per cui occorre valorizzare ed istituzionalizzare risolutivamente la sanità integrativa come Secondo Pilastro e come strumento di miglioramento dell’attuale capacità assistenziale   della SSN nei confronti dei cittadini.

Le forme di sanità integrativa sono gestite da Enti con scopo di lucro, come le Imprese di Assicurazione, Banche e Poste che operano in un libero mercato, ed Enti senza scopo di lucro come i Fondi Sanitari, Casse e Mutue più o meno di origine contrattuale collettiva del lavoro.

L’operatività dei fondi, casse e mutue si limita, in linea di massima,  al complesso delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie aggiuntive non ricomprese  nei livelli essenziali di assistenza (LEA) impiegando strutture di erogazione sanitarie e professionisti accreditati dal SSN.

Senza entrare nella distinzione della loro allocazione giuridica, i Fondi integrativi al SSN sono stati pensati come un complemento alla sanità pubblica con l’obiettivo di assicurare quelle prestazioni non garantite dal SSN o comunque a carico dei cittadini.

Lo sviluppo del secondo pilastro sanitario finora registrato in Italia,  in un contesto di oggettiva ridotta capacità assistenziale  della SSN, è riconducibile da un lato alla  spinta del welfare aziendale di origine contrattuale ed alla favorevole evoluzione della normativa fiscale degli ultimi anni  e, dall’altra, dal protagonismo  di  una serie di attori sociali ed economici come, datori di lavoro e rappresentanze sociali,  che hanno potenziato la portata  del welfare contrattuale nei diversi rinnovi dei CCNL, favorendo così il crescente interesse di tante aziende, socialmente responsabili, che lo  hanno recepito come  strumento infrastrutturale di cambiamento della produzione e del benessere organizzativo.

Gli attori della sanità integrativa

Gli attori operativi del settore sono soggetti ed Enti che promuovono la creazione di Fondi sanitari, Casse, Mutue   (più di 300) oltre che  Compagnie Assicurative, Banche, Poste e Società di Brokeraggio che danno  coperture, garanzie e servizi socio-sanitari privati attraverso provider o piattaforme digitali create  per offrire agli assistiti l’utilizzo di reti di strutture sanitarie  e medici  convenzionati ed il processamento dei rimborsi delle spese mediche sostenute.

Il numero degli iscritti ai fondi sanitari con finalità non profit supera 11 milioni, mentre sul fronte del mercato retail una quindicina di compagnie di assicurazione raccolgono il 90% dei premi health insurance  pari a un terzo della spesa privata  complessiva intermediata.

La spesa sanitaria

La spesa sanitaria privata va identificata come soluzione ultima di bisogno sanitario che il cittadino si trova ad affrontare quando non ha altre alternative di cure. Sempre per il 2019, la composizione della la spesa sanitaria privata è imputabile per il 5% a ricoveri ospedalieri (9 mln di ricoveri) e per il resto all’extraospedaliera (30% specialistica per 40 mln di prestazioni e 35mln per diagnostica); all’odontoiatria è andato il 22% della spesa (24 mln di prestazioni) e all’area farmaci  sono stati imputati 24 mln di prestazioni.

La spesa complessiva  nel 2019 è  stata di circa  160 mld di €  di cui  120 mld € pubblica (1.920 pro capite) e 40 mld € circa di spesa  dinamica privata, cosiddetta  out of pocket -di tasca propria- a carico delle famiglie; di quest’ultima  solo circa  5 mld di  euro  sono intermediati da fondi sanitari integrativi di natura contrattuale, casse di assistenza sanitaria, società di mutuo soccorso, compagnie di assicurazione (polizze collettive ed individuali) , da tutti gli Enti, Banche e Poste che operano nel settore della sanità integrativa.

Allargando lo spettro di osservazione sulle dinamiche economiche che interessano la sanità integrativa intermediata in Italia  si rileva che  questa svolge un ruolo di complementarietà e di integrazione  rispetto al SSN e che solo 1/3  riveste una funzione duplicativa.

Dall’analisi per tipologia di spesa, il 30%  risulta essere specialistica e diagnostica ed un 22% odontoiatrica, si osserva che solo il 5% è destinata alle prestazioni ospedaliere.

La spesa pro capite segue naturalmente le dinamiche del reddito, dell’età delle diversi fasi della vita, della disomogeneità territoriale e del perdurare degli stati di salute cagionevoli, tant’è che l’incidenza sul reddito  varia dal 1% in condizione di salute normale fino al 9% per i non autosufficienti.

Le caratteristiche dell’offerta

Ai fini di un sommario e non esaustivo confronto tra fondi sanitari e polizze assicurative  è utile annotare che i primi, godendo di talune deducibilità fiscali, detengono quasi i 2/3 circa della spesa intermediata agendo su una base di derivazione contrattuale, una logica assuntiva collettiva  non profit di tipo mutualistico ed in regime di non selezione del rischio, mentre le seconde si muovono in un contesto di libero mercato a livello collettivo ed individuale retail.

 Tali numeri evidenziano come, anche nel confronto con esperienze positive in Europa, nel nostro Paese c’è un potenziale elevatissimo di sanità integrativa anche in termini di silver economy e di coperture di nuovi rischi sanitari e di assistenza socio-sanitaria ,conto tenuto anche dell’andamento demografico della nostra popolazione che registra un’età media tra le più longeve al mondo

Caratteristiche e fonti di finanziamento

Limitatamente al welfare aziendale, che è quello che ha dato maggiore spinta allo sviluppo del secondo pilastro sanitario, è utile fare la distinzione  tra benefit, quando l’azienda offre strumenti finalizzati alla protezione del futuro tenore di vita, o del patrimonio o della salute della famiglia (si tratta di servizi di natura prevalentemente  previdenziale e assistenziale), e di di perquisites quando i beni e servizi sono immediatamente  fruibili come i flexible benefit di natura più commerciale.

 Le forme di finanziamento possono derivare da:

  • Contributo obbligatorio per l’azienda con ammontare definito, previsto dal CCNL.
  • Conversione del valore del premio di risultato in acquisto di beni e servizi a seguito accordo sindacale e/o regolamentoattuativo.
  • Contributo unilaterale a discrezione dell’azienda che ne definisce modalità ed importo.

Nelle aziende medio-piccole le prestazioni più richieste, seppur ancora sottoassicurate, sono  la sanità integrativa e la previdenza complementare mentre nelle imprese più grandi si aggiungono beni e servizi in convenzione, istruzione ed infanzia, cultura e tempo libero, trasporti;  l’assistenza LTCLong Term Care– ai non autosufficienti purtroppo rimane ancora una polizza, a torto, poco attivata in età di pieno vigore lavorativo.

I nuovi operatori

Come avviene in tutti i mercati a forte crescita, in quello del welfare aziendale stanno operando nuovi player, i cosiddetti provider,ai quali va riconosciuta la capacità di aver stimolato e semplificato, attraverso piattaforme digitali, l’intermediazione dell’offerta e della domanda dei piani di welfare aziendale, superando le difficoltà di fruibilità dei benefit che ne limitavano l’adozione da parte delle PMI per via della ridotta dimensione organizzativa e capacità di spesa.

Questi gestiscono un valore crescente del budget di welfare annuale di circa 750 mln di euro interessando due milioni di dipendenti di 5.000 aziende che diventano 15.000 se si considerano quelle che hanno acquistato voucher di varia natura.

Anche se si tratta di un mercato con offerte di prestazioni a bassa-media priorità ed a connotazione più ludico-ricreativa e di consumo immediato per beneficiari più giovani, la repentina crescita di tali soggetti stimola a nuove riflessioni prospettiche sul futuro ruolo dei corpi intermedi e reti multi-attore che operano nell’ambito del secondo welfare.

In un mercato così animato, il recente ingresso di un nuovi provider, come IWS spa di derivazione bilaterale-Federmanager-Confindustria- va interpretato come una ulteriore offerta innovativa in termini di trasparenza, velocità di risposta e qualità  dei prodotti e dei servizi sanitari erogati dai fondi Fasi-Assidai, tra i primi nati in Italia e rappresentativi delle prestazioni sanitarie riservate al management industriale ed alte professionalità . 

Dopo Covid 19

La crisi sanitaria in corso, oltre ai disastri noti, ha il merito di aver accelerato, il processo di digitalizzazione nelle  aziende come lo smart working, che stentava a decollare, e di avere favorito una  nuova presa di coscienza collettiva verso necessarie forme di protezione e di tutele di welfare, all’interno delle quali, la sicurezza sanitaria, previdenza e qualità di vita-lavoro cominciano ad essere trattati sempre più come tema di relazioni industriali e fattori abilitanti di sviluppo economico anziché come  mera lista di benefit di pronto consumo.

Ne è prova l’inaspettata massiccia adesione delle aziende alle polizze anticorona-virus. Tale nuovo fenomeno è sicuramente generato da una maggior consapevolezza di rischi sanitari imprevedibili e perniciosi per la salute umana e da un più deciso coinvolgimento e sensibilizzazione dei decisori aziendali e dei beneficiari dipendenti.

Alla luce, delle fragilità mostrate   dal sistema sanitario pubblico in piena crisi pandemica  e del ruolo non marginale svolto dalla sanità integrativa,  è auspicabile avviare  una riforma legislativa che interpetri le evoluzioni dei  nuovi bisogni sanitari con l’obiettivo di creare sinergie positive tra  Servizio Sanitario Nazionale e Secondo Pilastro Sanitario sia  per migliorare la risposta prestazionale sanitaria verso i cittadini che  per liberare  risorse pubbliche da destinare  all’assistenza socio-sanitarie  delle categorie di cittadini  più fragili lungo l’arco della propria vita, così come avviene in alcuni paesi europei.

Possibili nuovi modelli

A tal proposito  si potrebbe pensare  d’introdurre un modello sanitario  ibrido obbligatorio basato anche sulla contribuzione privata in cui lo Stato  definisce le regole del gioco ed una giusta deduzione fiscale  per favorire il necessario sviluppo del secondo pilastro sanitario  e la compartecipazione di  gestori, datori di lavoro e dipendenti ai sistemi  di welfare aziendale, in chiave più  duale, più sostenibile in termini di flessibilità economica  e di solidarietà intergenerazionale  senza incrinare il sacro principio di un nuovo universalismo dei diritti fondamentali alla salute.

Per ciò è necessaria una nuova narrazione del welfare aziendale auspicabilmente sostenuta e promossa da una nuova cultura della difesa dei diritti sanitari improntata sulla logica del valore condiviso del benessere organizzativo, su un migliore equilibrio di vita privata e lavorativa e su una maggiore assistenza sanitaria per contrastare quelle fragilità socio – economiche delle popolazioni più anziane che rischiano di non essere curate per scelte anagrafiche discriminanti.

Occorre, quindi, ridisegnare nuovi  contorni di connessione e di nuovi equilibri  tra sanità  pubblica e sanità  integrativa che concorrano, da una parte, alla produzione di benessere sociale  attraverso maggiori grandi misure sanitarie strutturali digitalizzate che assicurino più sicurezza, più prevenzione e più  equità verso coloro che la sostengono con il pagamento delle  tasse e, dall’altra, come valore integrante di protezione  non più inteso come dimensione individuale, ma come valore  collettivo ed elemento primario del lavoro e della produzione con l’importante funzione di prevenzione e monitoraggio della salute di chi produce e di chi è in quiescenza.

In tale nuovo scenario di rafforzamento del ruolo della sanità integrativa sarà utile inserire anche  nuove forme di defiscalizzazione differenziate per prestazioni erogate che tengano conto anche dei “carichi sociali” e del livello minimo di  benessere  che si vuole assicurare al nucleo familiare del lavoratore, oggi  assai diverso per composizione, ed uniformare la decontribuzione attualmente paradossalmente discriminata tra i benefits sanitari e previdenziali con un contributo di solidarietà del 10% a carico dei datori di lavoro, mentre è prevista  la decontribuzione totale per le altre forme di welfare ludico-ricreativo sicuramente di minore rilevanza sociale.

Non bisogna infine sottacere per i detrattori della sanità integrativa e per coloro i quali stigmatizzano il consumismo sanitario generato dalla “ rimborsabilità” delle spese sanitarie coperte da fondi e polizze, che quest’ultima proprio perchè giustificata da regolari fatture emesse da strutture sanitarie e professionisti aiuta a fare emergere possibili tentativi di evasione fiscale che in parte va a compensare gli esborsi statali impiegati per gli interventi di defiscalizzazione  a favore della Sanità intermediata che comunque negli ultimi 5 anni è cresciuta meno di quella privata pagata di tasca propria.

Per concludere

Altro obiettivo di una auspicata collaborazione pubblico-privato è quello di sfruttare maggiormente la tecnologia IoT, telemedicina, teleconsulto e telediagnosi e promuovere la cultura della prevenzione allo scopo di  ridurre i sinistri liberando così risorse  pubbliche per i soggetti cronici ed a rischio oggi tendenzialmente non assicurabili.

Il dopo Covid può aiutarci a declinare definitivamente il valore del welfare state e welfare integrativo come elementi essenziali di una grande necessaria trasformazione socio-economica della società, che va oltre il puro vantaggio fiscale di talune categorie ed in grado di rispondere ai nuovi bisogni di protezione in un quadro unitario delle ragioni della produttività e di quelle della redistribuzione del valore creato da una moderna impresa.

E’ ora di costruire un mercato sanitario più in equilibrio tra domanda ed offerta, ossia, un ecosistema multipilastro ed integrato attorno al quale tutti gli attori della sanità pubblica e privata  assieme ai pazienti ed ai medici possano operare  con tante articolazioni, tanti comportamenti policentrici senza farsi incastrare  dal dibattito obsoleto ed inutile sulla polarizzazione pubblico-privato e dove il singolo, il paziente, il consumatore, il cittadino, che è il vero soggetto fragile, possa fare surfing  e decidere tra pubblico e privato.

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