A proposito del PNRR: conversazione tra Eugenio Santoro ed Ivan Cavicchi

Caro Ivan,vorrei iniziare questa terza conversazione riprendendo il  discorso da dove l’abbiamo interrotto l’ultima volta che ci siamo incontrati. In quell’occasione abbiamo parlato del tuo ultimo libro “La sinistra e la  sanità, dalla Bindi a Speranza, con in mezzo una pandemia” (Castelvecchi editore) che si concludeva con una critica impietosa a Speranza (ministro della salute) e alla sua proposta di PNRR  ma soprattutto alla “sinistra di governo” che lui rappresenta. Se non ricordo male nel tuo libro dici che  la sinistra in questi anni non è stata  in grado di rimuovere le contraddizioni che esistono in sanità ma solo di ridurle quindi semplificarle  a  banali problemi tecnici o  finanziari che è un po come scambiare fischi per fiaschi  o tradurre una cosa molto complessa in una cosa molto semplice Secondo te il PNRR  fa lo stesso errore?

Caro Eugenio, l’errore è identico, e secondo me sarà un errore fatale, perché la sinistra a cui appartiene Speranza resta la stessa di quella della Bindi, quindi del PD, di Errani, delle regioni rosse. Nonostante la pandemia, 134000 morti, la sinistra di governo non è cambiata in niente. Il suo modo di vedere alla  sanità è un’ autentica invarianza. L’unica cosa che è cambiata è derivata dalle elezioni politiche del 2018  prima ancora che dalla pandemia, dopo le quali cioè dopo la mazzata  che ha ricevuto il PD si è passati da una politica ossessionata dal contenimento della spesa sanitaria ad una politica non meno pericolosa di puro incremento cioè della spesa per la spesa. Per me in sanità dopo la pandemia con questa sinistra di governo  si continuerà il solito tram tram come se la pandemia non ci fosse stata ma con in più una spesa drogata che ci porterà a sbattere contro il vecchio problema dell’insostenibilità e quindi a privatizzare ancora di più il sistema pubblico. E’ impressionante notare che tutte le proposte in campo, di Speranza tutte le soluzioni ritenute tali, siano tutte pre-pandemiche.

Quindi anche nel PNRR le contraddizioni sono banalizzate a problemi? Cioè la pandemia è come una parentesi che si apre e si chiude ma a politiche sanitarie  invarianti?

Proprio così. Soprattutto  la funzione propria del  PNRR è ridurre  le contraddizioni  nuove e vecchie della sanità a problemi più o meno tecinici. Ricordo che “contraddizione” e “problema” sono due cose molto diverse che danno luogo a politiche molto diverse:

  • la “contraddizione” in generale è una  situazione di incoerenza che per essere rimossa ha bisogno di interventi di riforma cioè di cambiamenti, di altri modelli
  • il “problema” in generale è una complicazione, un accidente che non ha bisogno di interventi riformatori ma al massimo a sistema invariante  di interventi di razionalizzazione di riorganizzazione.

Il PNRR tratta le “contraddizioni” della sanità come dei “problemi” che è come trattare una malattia grave con mezzi inappropriati, insufficienti, come se tu chirurgo usassi  l’acqua fresca  in luogo del bisturi.

Ma secondo te quali sono le contraddizioni che il PNRR non prende in considerazione? 

Tutte quelle vecchie mai risolte sino ad ora e tutte quelle nuove proposte dalla pandemia.

Quelle vecchie sono storiche ad esempio il rapporto pubblico/privato. Il PNRR anziché mettere un argine alla privatizzazione del sistema pubblico  favorisce il privato e in certi casi delega addirittura al privato sociale. Il PNRR non fa neanche la mossa  di abolire gli incentivi fiscali di cui godono i fondi assicurativi. Un’altra contraddizione che il PNRR non affronta è quella tra universalismo e diseguaglianze. Con il PNRR non dico che le diseguaglianze aumenteranno (probabilmente si)  ma quelle croniche che già ci sono  di certo non saranno risolte. Penso al nord e al sud. Penso alla mobilità dei malati tra le regioni (5 mld di business) . Penso al regionalismo differenziato che nonostante la pandemia ambisce alla secessione delle regioni ricche dal SSN e verso i quale il PNRR  non dice una sola parola. Penso ai lea  applicati in antitesi alloro ideale di uniformismo  cioè applicati in modo disomogeneo.   Un’altra contraddizione è quella che riguarda la governabilità del sistema è del tutto evidente che le aziende difronte alle grandi complessità hanno fallito il loro scopo e che la riforma del titolo V è stata una jattura. E la pandemia ha a questo riguardo fornito ampie evidenze. In sanità  a parte i direttori generali e la Fiaso non si trova una sola persona che parli bene delle aziende. La loro ideologia economicista il loro modello monocratico di gestione quindi il loro spiccato gestionismo tecnocratico  ha causato alla sanità ma soprattutto ai diritti delle persone tanti di quei guai  da imporre nonostante la disattenzione della politica la questione del superamento  delle aziende e il riequilibrio dei poteri tra Stato centrale e regioni.Le aziende sono una lesione alla complessità del sistema che non si può appiattire alla logica della partita doppia. Ma il PNRR fa orecchio da mercante.

A queste  croniche contraddizioni se ne aggiungono  di nuove, quelle impostaci dalla pandemia, quali sono?

La più grossa di tutte è la prevenzione.La  pandemia come sindemia ha spazzato via non solo il nostro sistema di prevenzione ma la teoria della prevenzione sulla quale esso si basa ancora adesso. Oggi Speranza pensa di cavarsela con gli slogan e ci propone one health, ma tutto questo è ridicolo prima di tutto perché one healt è una idea olistica di salute che si basa sull’integrazione tra ambiente economia e salute mentre quella a base della nostra prevenzione non lo è (noi abbiamo ancora l’ambiente da una parte e la sanità dall’altra, abbiamo le agenzie per l’ambiente separate dai dipartimenti per la prevenzione).

Ma per avere una idea del ridicolo si pensi che Speranza come risposta alla pandemia propone il piano nazionale di prevenzione che però è stato fatto prima della pandemia, cioè come se la pandemia non ci fosse mai stata. A meno di pensare  che faremo ogni mese un vaccino nei confronti delle pandemie anche future non si può non pensare ad un sistema di difesa di natura preventiva o previsiva.

Nel mio libro quello da te citato a proposito di contraddizioni aperte dalla pandemia parlo della necessità di ricontestualizzare l’art 32, di ripensare la tradizionale nozione di tutela, addirittura parlo di dovere alla salute, di sanità di comunità, di un nuovo ruolo del cittadino, di restituire ai comuni le funzioni perdute sulla salute primaria di organizzare sistemi previsivi che funzionino un po come gli scudi stellari cioè come protezioni a scala di paesi .

Ma a parte queste contraddizioni  la pandemia ha imposto oltre la questione della prevenzione anche quella della cura e in particolare quella che riguarda le prassi , il lavoro, le professioni, il capitale degli addetti ai lavori , l’organizzazione e l’uso delle conoscenze.

In effetti unanime mi sembra la critica rivolta al PNRR di trascurare totalmente la questione del fabbisogno di operatori

La pandemia ha smascherato le magagne di un mercato del lavoro che definire squilibrato è dire poco, di un rapporto tra formazione e impiego, profondamente distorto, di una arretratezza spaventosa del sistema delle specializzazioni nei confronti dei nuovi bisogni di saperi specialistici.

Oggi il mercato del lavoro in sanità è aperto ad ogni forma di precarizzazione, alle esternalizzazioni,  alla task shifting, siamo già al ricorso alle cooperative  per mandare avanti il  pronto soccorso, siamo all’impiego di medici non completamente formati, siamo in procinto di mandare in pensione centinaia di migliaia di medici senza avere nessuna garanzia sul loro turn over, in tutto il paese vi è un problema cronico di mancanza di personale. Oggi l’unica riserva vera di personale è rimasta l’ospedale per cui non escluderei come in realtà sta proponendo sotto sotto il PNRR  che presto assisteremo a un travaso di professionisti  che è un po come spogliare  Cristo per vestire la Madonna. Cioè un avera guerra tra poveri.

Caspita davvero un mucchio di contraddizioni ma la cosa che colpisce è come mai la politica  la  sinistra di governo, il governo Draghi, davanti ad esse è come se avesse gli occhi foderati di fette di prosciutto. Ma spiegami perché secondo te davanti  a tante inequivocabili evidenze, prove, fatti di tutti i tipi, la politica , Speranza, il governo Draghi, anziché proporci un progetto come quello che nel tuo libro tu chiami “quarta riforma” ci propongono solo questo “brodino” insipido chiamato PNRR?

Questa è la domanda delle 100 pistole. A questa domanda si potrebbe rispondere in tanti modi. Per ignoranza, cioè perché la sinistra di governo non dispone in realtà di una strategia di riforma, (ed è così la sinistra è sempre stata attenta solo ai problemi degli amministratori)perché  si vuole continuare ad aprire al privato, cioè perché ormai siamo entrati nella logica del sistema a più gambe,(è in atto una vera e propria regressione del sistema pubblico)  perché sono troppi gli interessi legati  ad esempio all’aziendalizzazione, ma anche ai poteri concessi a partire dal 92 alle regioni, che temo anche con mille pandemie  non sarà facile  ridiscutere ecc.

E quale è la tua interpretazione ?

Io  alla tua domanda  rispondo cogliendo proprio nel PNRR  la risposta.

La mia tesi di partenza è una constatazione di fatto: tutte le più importanti criticità della sanità tutte nessuna esclusa sono riconducibili a scelte politiche sbagliate quindi ad errori fatti dalla politica in questi decenni,( riforma del titolo V, controriforma, aziendalizzazioni, riordini ecc ). Il PNRR in nessun caso ci propone una forma di autocritica sugli errori fatti e paradossalmente pur disponendo di tanti soldi ci propone di spenderli a errori  invarianti cioè in costanza di contraddizioni.

E’ questo il vero dramma .Cioè oggi con il PNRR noi ci apprestiamo a drogare il sistema di soldi ma a contraddizioni invarianti per cui  esso è destinato a diventare fatalmente insostenibile e sempre più regressivo quindi di nuovo esposto alla privatizzazione.

E quindi torno sulla domanda perché con il PNRR sembrerebbe che la politica abbia gli occhi foderati di fette di prosciutto?

Quando il PNRR non pone rimedio agli errori fatti dalla politica in passato è come se esso si configurasse  come  una gigantesca  auto-assoluzione della politica dalle sue responsabilità storiche.

Speranza con il PNRR assolve art 1 cioè se stesso quindi  la Bindi, Errani, Bersani, le regioni rosse, il PD di Letta, e tutta la sinistra di governo compreso i sindacati di sinistra,  che prima con la controriforma del 92  e poi con quella del 99 ( la riforma della Bindi a mio parere la più neoliberista di tutti)  hanno  deciso in nome della sostenibilità finanziaria  di contro riformare l’art 32 della Costituzione accettando  di fatto due tesi di cui mai nessuno ha dimostrato la fondatezza e per questo due tesi arbitrarie e visibilmente fallaci:

  • di subordinare il diritto alla salute alle disponibilità economiche anziché fare il contrario
  • di riconoscere al  privato la funzione di garantire la sostenibilità del sistema pubblico come se fosse impossibile avere una sanità pubblica

Cioè mi stai dicendo che il PNRR nell’assolvere la politica  fin qui fatta non fa altro che ribadire le scelte contro-riformatrici degli anni 90 e che vedono in prima fila proprio i personaggi che oggi fanno parte di articolo 1 e che comunque non sono separabili dalle politiche del PD fatte in questi ultimi30 anni e dalle politiche sindacali di sinistra?

Proprio così. Il PNRR è una apologia  degli errori fatti dalla sinistra fino ad ora. Sinistra sindacale compresa. Non si dimentichi mai che ad avvantaggiarsi dalla controriforma della Bindi del 99 sono stati oltre che i fondi assicurativi anche le mutue dei sindacati.

Il welfare aziendale è un welfare che ormai è entrato a far parte della loro contrattazione nazionale. Anzi è l’esempio più concreto della contro-riforma Bindi che va ricordato si ispira al welfare on demand di matrice americana.

Il welfare aziendale equivale all’opposto della sanità pubblica fondata sul diritto cioè al reddito  con il quale si compra delle prestazioni di sanità.  Ma tra welfare aziendale e  mutue aziendali non c’è nessuna differenza sostanziale. I meccanismi di finanziamento e l’offerta di prestazioni sono analoghi.

Un bel casino non c’è che dire. Ma entrando più nel merito delle proposte contenute nel PNRR e più specificatamente nella missione 6  che ci dici?

Il PNRR è articolato in “missioni”, la sesta (missione 6) riguarda la “salute”, per la quale si stanziano complessivamente 20,22 miliardi (davvero un bel po’ di soldi), con l’obiettivo di “rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure”.

Il piano a prima vista sembra molto allettante perché:

  • propone di investire nell’assistenza di prossimità diffusa sul territorio (1.288 case di comunità e 381 ospedali di comunità);
  • potenzia l’assistenza domiciliare anche se per raggiungere solo il 10 per cento della popolazione con più di 65 anni, la telemedicina e l’assistenza remota, con l’attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali;
  • investe nell’aggiornamento del parco tecnologico e delle attrezzature per diagnosi e cura, con l’acquisto di 3.133 nuove grandi attrezzature, e nelle infrastrutture ospedaliere, ad esempio con interventi di adeguamento antisismico.

E non sei contento di tutta questa grazia di Dio?

A fronte di tanta grazia di Dio, lascia perplessi e preoccupati il ragionamento politico che c’è dietro la proposta del piano.

Mentre tutto il PNRR si muove nella logica della riforma (soprattutto della pubblica amministrazione, della giustizia e della concorrenza settori specificatamente indicati come campi da riformare ) anzi la riforma è considerata condizione per spendere bene i soldi  la sanità non è annoverata tra i “campi” da riformare. Cioè  nonostante la pandemia e le innegabili necessità  riformatrici  che essa ha messo chiaramente in evidenza,  la sanità resta quella che è con tutte le sue brave criticità quindi il PNRR  a priori  è concepito a sistema sanitario  invariante.

La teoria che sta dietro la missione 6  è quella da una parte  del potenziamento dell’esistente che tradotta in termini pratici  vuol dire aggiungere al territorio un po’ di ambulatori, chiamandoli in diversi modi, e un po’ di ospedaletti, gli stessi che negli anni passati furono chiusi perché giudicati  inaffidabili, un po di strutture  e un po di tecnologie. Tutto rigorosamente a contraddizioni invarianti.

Dall’altra quella dei repechage cioè il recupero di vecchie soluzioni già sperimentate incuranti del fatto che siano  fallite.

A cosa ti riferisci in particolare?

Nella missione 6 si recupera:

  • il DM 70 cioè si ribadisce quel regolamento che ancora oggi  definisce il sistema ospedaliero e che davanti alla pandemia ha messo in ginocchio l’ospedale
  • la dicotomia ospedale territorio teorizzate con le controriforme degli anni 90  riconfermandola  nei fatti in una relazione di opposizione,  quindi si conferma il sistema duale che in tanti anni non si è mai riuscito ad integrare.
  • la vecchia idea circoscrizionale di distretti  quindi la vecchia idea di ambulatorialità delle mutue cioè di spazi attrezzati

centripedi rispetto al cittadino senza degenza .

Ma scusa se dovessi leggere attraverso le proposte della missione 6 i problemi della pandemia mi chiedo ma come è stata interpretata dal governo questa pandemia?

Dalla missione 6 viene fuori una interpretazione della pandemia   che dire semplificata è dire poco.

Per la missione 6 i guai alla sanità  sarebbero  stati causati:

  • da un territorio debole che non ha filtrato l’accesso dei malati in ospedale,
  • dai medici di medicina generale che a causa dei loro particolari contratti (convenzione) non sono stati “impiegati” come si sarebbe dovuto fare,
  • da un distretto poco dotato e quindi praticamente inerme,
  • dai dipartimenti di prevenzione che non hanno funzionato
  • da un sistema tecnologico fondamentalmente obsoleto
  • dai reparti di terapia intensiva poco attrezzati.

Sia chiaro non che questi  fattori non abbiano fatto parte dell’impact factor  della pandemia  ma considerarli come i determinanti principali è certamente un errore, cioè una semplificazione. A parte il grande equivoco  in cui cade  il PNRR e cioè che la  pandemia  è solo una epidemia  e non una sindemia quindi una catastrofe semplificabile a poche questioni tecnico-organizzative, ma la cosa vergognosa è negare a priori  tutte le grandi criticità del sistema che hanno trasformato nei fatti la pandemia in una catastrofe.

Il PNRR  in nome della prossimità tenta di potenziare  il famoso territorio. Per cui si tratta di rinforzare il territorio con  l’istituzione delle case di comunità.

Che ne pensi?

Il PNRR non si preoccupa tanto di capire le ragioni per le quali il territorio o il distretto molto prima della pandemia erano platealmente in crisi, ma a crisi invariante, aumenta semplicemente  il numero degli ambulatori. Quindi i suoi costi.

Nella missione 6 si propongono le case di comunità ma senza definirle, per cui c’è il problema di definirle.
 
L’unica definizione possibile  è “casa della salute”  che il ministero competente definisce così: “la sede pubblica dove trovano allocazione, in uno stesso spazio fisico, i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie, ivi compresi gli ambulatori di Medicina Generale e Specialistica“.
 
Quindi  un classico  poliambulatorio Inam  come quelli che esistevano prima della riforma del 78 e poi riciclati in genere come ambulatori del distretto
 
Rispondere ad una pandemia/sindemia, nel ventunesimo secolo riesumando  il poliambulatorio inam del secolo precedente a me  fa una certa impressione.
 

E sugli  ospedali di comunità l’altra carta che la missione 6 si gioca in nome del territorio, cosa dici?

La maggior parte delle persone credono che gli ospedali di comunità siano una invenzione recente pensata a bella a posta per rispondere alla pandemia.

Ma questo non è vero. Essi compaiono per la prima volta nel DM 70 del 2015 quindi è una idea pre-pandemica. L’ospedali di comunità è una struttura definita intermedia con un numero limitato di posti letto (15-20) gestito da personale infermieristico, in cui l’assistenza medica è assicurata dai medici di medicina generale o dai pediatri di libera scelta o da altri medici dipendenti o convenzionati con il SSN; la responsabilità igienico-organizzativa e gestionale fa capo al distretto che assicura anche le necessarie consulenze specialistiche.

Quindi sono più estensioni del territorio che dell’ospedale.

Quindi anche l’ospedale di comunità  è un repechage come dicevi prima?

Si è un repechage che fa sorgere alcune perplessità:

  • la denominazione “ospedali di comunità” è del tutto indebita perché  essi in realtà pur chiamandosi ospedali  non hanno i requisiti minimi per essere accreditati come tali. Essi in realtà sono “ambulatori nei quali è ammessa una degenza breve” nei quali sono ricoverati provvisoriamente gli ammalati prima di tornare  nelle loro case. In realtà gli ospedali di comunità sono  .residenze ambulatoriali protette dotate di qualche posto letto.
  • i posti letto assegnati agli ospedali di comunità  risultano comunque in parte sottratti al sistema ospedaliero in essere quello che attualmente è classificato su tre livelli (di base di primo e di secondo livello),
  • con la scusa dell’ospedale di comunità si rischia di riaprire delle strutture prive dei requisiti essenziali che definiscono un ospedale anche se di piccole dimensioni,
  • i così detti ospedali di comunità in nessun modo riescono a compensare i bisogni di nuovi posti letto negli ospedali dati.

A proposito di ospedali mi pare di capire dalla missione 6 che non si fanno grandi passi in avanti

Ne grande passi e ne piccoli passi, il PNRR si porta dietro tutti i pregiudizi  che sono alla base di quella politica che in questi anni è andata avanti  sotto il nome di de-ospedalizazzazione.

La missione 6 nel punto C.2 (M6.C.2) prevede di spendere 8,6 mld non per gli ospedali ma più precisamente: per l’edilizia sanitaria, per adeguare il parco tecnologico, per migliorare la governance degli Irccs, per rafforzare gli strumenti per la raccolta l’elaborazione e l’analisi dei dati (Fse).
 
Se si pensa all’impatto devastante sugli ospedali della pandemia, agli enormi problemi organizzativi e funzionali di cui gli ospedali soffrono da decenni, e infine alle conseguenze pesanti delle politiche di de-ospedalizzazione adottate in passato, la prima cosa che colpisce è, l’enorme quasi incomprensibile divario che esiste tra le proposte della missione 6:

• i grandi problemi funzionali dell’ospedale del nostro tempo
• la complessa domanda di cura che questa società rivolge all’ospedale e i problemi sociali di tipo fiduciario ad essa riconducibile
• il valore strategico del lavoro professionale come fattore produttivo
• la necessità di sviluppare le discipline mediche dal punto di vista scientifico organizzativo e operativo
• ed altro ancora
 
L’ospedale che abbiamo ancora oggi (il suo modello di base la sua organizzazione interna le sue regole di funzionamento, le sue prassi) deriva sostanzialmente da vecchie leggi di riforma del secolo scorso (Petragnani/Mariotti) fino ad ora mai veramente né aggiornate e né reinterpretate.

Ma il PNRR dopo una pandemia  ci ripropone lo standard di 3.7 posti letto per mille abitanti come se la pandemia non fosse mai esistita.

Ma a parte questo standard tra i più bassi d’Europa mi pare di capire  da quello che dici che il PNRR insista nel riproporci le vecchie politiche anti ospedaliere del passato le stesse che  hanno messo l’ospedale in ginocchio  difronte alla pandemia?

Si è proprio così. Le politiche sanitarie dominanti sull’ospedale negli ultimi 40 anni derivano tutte da quella strategia di “negazione” dell’ospedale definita come “deospedalizzazione” volta a combattere il presunto ospedalocentrismo e che è culminata, al tempo dei tagli e del blocco del turn over, nella dismissione di massa dei posti letto, nella chiusura di molte strutture ospedaliere giudicate inadeguate, ma soprattutto nella delegittimazione politica costante dell’ospedale come istituzione come bene e come servizio. E che  sarà definitivamente definita con il DM 70 del 2015 che lo ricordo ancora è il regolamento che ancora oggi sovraintende l’organizzazione di qualsiasi ospedale e che il PNRR ribadisce in toto.

Tutto questo non è modificato in alcun modo dal PNRR che si limita a standard invariante (3.7 posti letto per 1000 abitanti) di aumentare un po il numero dei posti letto per la terapia intensiva e semiintensiva.

Ci spieghi meglio questo DM 70
 

L’ obiettivo del DM 70 , dopo la fase dei tagli, non è stato quello di ripensare un sistema ospedaliero per renderlo più adeguato alla società che cambia e alla scienza che cresce, ma è stato semplicemente quello di riparametrare il sistema ospedaliero ereditato dal passato per contenerlo al “minimo” e comprimerlo al “necessario” e al “sufficiente” usando per di più gli stessi parametri (posti letto e bacini di utenza) usati per la riforma ospedaliera di 43 anni fa (riforma Mariotti).
 
Il PNRR  a proposito di ospedale  ribadendo il DM 70 ripropone l’idea di ospedale minimo e  il teorema più distretti meno ospedali. E’ più importante il distretto dell’ospedale. Quindi non ripropone un sistema veramente integrato ma un sistema duale. Davanti all’impatto della pandemia sono tutti pregiudizi che si sono  rivelati autentiche stupidaggini. Oggi l’ospedale è importante quanto il distretto e parlare di centralità fa ridere.

Il Dm 70  di fatto definisce “l’ospedale minimo” per cui nei fatti non si allontana dalla vecchia politica della deospedalizzazione.

Ma oggi abbiamo bisogno non di un ospedale minimo ma di un ospedale adeguato.
 
La logica alla base del DM 70 e quella classica delle “dotazioni” è il suo principale criterio è quello della “quantità sufficiente e necessaria”. Formalmente, un “ospedale minimo” per il DM 70 è ammesso, cioè finanziabile, solo se relativamente ai propri parametri di riferimento e alle regole conseguenti, è dentro quantità “sufficienti” e “necessarie” .

Ma secondo te perché questa apologia del DM 70 da parte del PNRR?

L’atteggiamento  apologetico del PNRR nei confronti del DM 70 ci aiuta a capire meglio la contraddizione, tutta politica, di fondo nella quale si trova il PNRR e alla quale ci espone la semplice apologia delle norme:
• da una parte il PNRR sugli ospedali, è del tutto inadeguato perché ribadisce il dm 70 e le sue anacronistiche premesse,
• dall’altra parte, dice il PNRR  il DM 70, si pone come un riferimento irrinunciabile, perché, ancora oggi esso resta, nonostante tutto, l’unica norma disponibile per definire il contenimento dell’ospedale entro certi parametri.
Vorrei  far notare la paradossalità che l’apologia del DM 70 da parte del PNRR  rappresenta in quanto tale:
• siccome è “inconcepibile” un altro genere di ospedale ci dobbiamo tenere l’ospedale che c’è,
• per evitare il rischio della de-regulation, l’ospedale, a premesse invarianti, deve restare fondamentalmente quello che è sempre stato e che sempre sarà.

E’ una follia, oggi abbiamo semplicemente bisogno di buoni ospedali ridefiniti per essere adeguati alle nuove complessità.

Ma la missione 6  non nomina mai esplicitamente l’ospedale ma lo sotto-intende riducendo  il servizio più importante per gli ammalti acuti a un problema di tecnologie e di strutture edilizie. Esso parla esplicitamente di “ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero” strutture  edilizie  nell’ambito dell’ospedale “ sicuro e sostenibile”

Ma anche questo è un repechage infatti prima nella contro riforma del 92 poi  nella contro riforma del 99   precisamente all’art 5 bis  si parla del problema della ristrutturazione edilizia e dell’ammodernamento tecnologico con la differenza che negli anni 90  per questi obiettivi si prevedevano precisi accordi di programma finanziariamente vincolati  mentre nel PNRR è indicato il fabbisogno finanziario destinato (8 mld circa).

Ma quale è il senso di questa scelta? L’ospedale nella pandemia sostanzialmente resta quello che è  ed è sempre stato ma con un investimento mirato per ammodernare tanto le dotazioni tecnologiche che le sue strutture edilizie.

Ma anche in questo che di sicuro rappresenta per gli ospedali un contributo importante per il loro ammodernamento, emergono semplificazioni e ingenuità, davvero impressionanti .

A che ti riferisce in particolare?

In particolare sto pensando alla  telemedicina.

Il PNRR è convinto che “basti la parola” ( il riferimento è al celebre lassativo della pubblicità)  per risolvere con la digitalizzazione e la telemedicina tutti i problemi della sanità territoriale e ospedaliera.


Nella missione 6 la digitalizzazione della sanità  è vista  semplicemente come una allocazione di risorse tecnologiche nel sistema di servizi dato arricchito con un po’ di ambulatori ancora da definire.

Ma in nessun caso essa è vista come un processo di riforma .
Al contrario gli esperti del settore  ci avvertono non solo che dobbiamo “dismettere gli errori del passato” ma che a parte i soldi “c’è bisogno” addirittura “di un pensiero nuovo”.

Sempre gli esperti del settore  ci avvertono che, la stragrande maggioranza dei servizi di medicina digitale sono falliti perché non è stata pensata alcuna riorganizzazione del servizio, non sono state dedicate risorse umane, si è pensato di appiccicare un po’ di tecnologia ad un modello sanitario vecchio. Gli esperti ci avvertono che “Non basta” “un’idea, un software, qualche dispositivo per far funzionare i servizi di telemedicina”.

Ma anche in questo caso il PNRR fa orecchio da mercante.

Ma quali sono le sfide aperte dalla pandemia sull’ospedale?

Emerge la necessità innegabile:

  • di una fortissima domanda di cambiamento quindi di riforma del DM 70 abbiamo bisogno di una ridefinizione dell’ospedale quindi riformare le premesse culturali e scientifiche dalle quali sono ad ora è stato dedotto
  • non è possibile ammettere come propone qualcuno  la perfettibilità del DM 70 perché la definizione implicita di ospedale in esso va riformata  cioè non è semplicemente perfezionabile.

Le criticità che sono emerse  negli ospedali a causa  della pandemia  hanno chiaramente spiegato quanta sia sbagliata  la concezione di “ospedale minimo” ma soprattutto quanto sia sbagliata  la logica delle dotazioni, ma soprattutto quanto sia inadeguata l’dea di ospedale minimo a fronte alle tante e diverse complessità della domanda di salute in gioco e a fronte delle nuove sfide scientifiche  che sono all’orizzonte.
 
Ne consegue che nessun ragionevole ripensamento dell’ospedale è ragionevolmente possibile a DM 70 invariante. Se il DM 70 è invariante allora H=H.
 
In sostanza tu dici  che oggi, l’errore culturale grave che commette il PNRR è ribadire attraverso vecchie premesse culturali una vecchia idea di ospedale che al contrario andrebbero ripensate?

La pandemia  ha posto innumerevoli questioni tecniche legate alle varie discipline mediche che insistono in ospedale , ma, nello stesso tempo, ha posto la grande questione politica di ridefinire in questa società l’idea di ospedale.

Oggi è arrivato il momento di ripensare culturalmente e scientificamente  l’ospedale e di smetterla di immaginarlo solo come un insieme di posti letto. Oggi la priorità è trasformare i parametri di complessità in  parametri clinici e quindi in parametri professionali.

Avviandoci alla conclusione ancora un paio di domande, la prima riguarda i medici di medicina generale, mi pare di capire che per il PNRR  essi siano considerati come il problema da risolvere per antonomasia

Il PNRR come abbiamo visto gioca tutte le sue carte sul territorio ma per riuscire nella sua impresa, deve prima risolvere  il  problema  dei medici di medicina generale (MMG) cioè di quegli operatori particolari non uniformabili ai dipendenti pubblici e che soprattutto  le regioni considerano da anni  soggetti giuridicamente  difficili  da gestire (difficili da integrare e da organizzare perché:

  • sono dei liberi professionisti autorizzati a organizzare autonomamente il proprio lavoro in propri studi
  • il loro lavoro è disciplinato  con la forma contrattuale della convenzione
  • la loro convenzione  alla fine  disciplina le prestazioni del MMG come  se fosse un lavoro parasubordinato quindi non un lavoro dipendente

Per tutte queste  caratteristiche la strada del PNRR suo malgrado si trova come ostacolata  dal particolare  statuto giuridico di una professione strategica sulla quale la potestà delle regioni in nessun caso può esercitarsi per via imperativa  ma deve per forza misurarsi per via negoziale  e quindi usando lo strumento della convenzione nazionale. Non mancano le regioni che chiedono di avere loro la titolarità politica della convenzione.

E a tal riguardo cosa propone il PNRR?

Di certo non pensa ad una riforma della medicina generale, come io ho proposto più volte (quarta riforma)quindi ad una riforma delle cure primarie, ma tenta la strada dell’ennesimo repechage, cioè di fatto ripropone la figura del vecchio medico condotto e  teorizza la possibilità di trasferire  d’autorità tutti i MMG  dal regime convenzionale a quello della  dipendenza pubblica.


Nel documento delle regioni si legge che, a prescindere da quale sarà la soluzione giuridica che si prenderà per definire il MMG, restano dei “capisaldi” che i MMG dovranno rispettare  vale a dire:
• obbligo di partecipazione a forme organizzate,
• fornitura di prestazioni programmate,
• indicatori di garanzia di presa in carico (accountability),
• assistenza domiciliare quale parte integrante dell’attività,
• obbligo di inserimento nelle Case della Comunità, ecc..
 
A parte i problemi tecnici-organizzativi che questi obblighi comportano, la cosa che colpisce  è che dopo quasi mezzo secolo di riforme con una pandemia tra i piedi, in pratica con la prposta delle regioni e del PNRR  è come se si tornasse ai medici condotti quindi al Regio Decreto 2248 del 1865.
 
Va ricordato che il termine “condotto” deriva dal latino “conductum” participio passato del verbo “conducere” che si traduce con il termine “assunto” quindi “dipendente”

Ma  tornare al medico condotto non mi pare una grande novità.

Infatti non lo è. Con il PNRR il fronte si spacca tra convenzionalisti e dipendisti la sinistra tutta coerente  con il suo innato statalismo imbraccia la bandiera della dipendenza pubblica e si schiera contro la FIMMG cioè contro il vero soggetto sindacale quello che per ragioni di numeri è quello che veramente conta.

Si apre una grande discussione  tra favorevoli e contrari e  la politica messa alle corde prima di tutto dalla fragilità della sua proposta si prepara a consumare l’ennesimo inciucio, grazie al quale anche questa improbabile riforma del territorio prevista dal PNRR è probabilmente destinata a fallire. 

I due grandi errori politici sono:

• mettere le mani sul medico di medicina generale MMG per ridimensionarne il ruolo e la funzione, senza un progetto evolutivo di riforma degno di questo nome e soprattutto senza un accordo con le rappresentanze dei MMG;
• intervenire maldestramente su uno dei pilastri dell’attuale sistema sanitario pubblico (quello delle cure primarie) dando  luogo comunque a un atto di controriforma che, per quello che implica non si può fare  a cuor leggero cioè senza assicurarci prima la garanzia di un valore aggiunto.

In fin dei conti se il legislatore nel 78 ha sentito il bisogno di inventarsi a livelli di comunità  una qualche ragione c’è.

Ma in pratica cosa vuol dire obbligare i medici di famiglia ad essere alla dipendenza delle regioni?

Come dicevo il PNRR ci propone le case di comunità   ipotizzando di poterle riempire con i MMG trasformati come per magia in pubblici dipendenti  ma avendo contro i più importanti sindacati dei MMG. Una vera follia politica.

C’è seriamente da chiedersi ma come si fa con tutte le complessità in gioco a ritenere  che la dipendenza dei MMG sia sufficiente per risolvere tutto il complesso problema dell’assistenza primaria? Ma soprattutto come si fa a pensare senza un accordo preliminare con i sindacati dei MMG  a fare cambiamenti tanto radicali?

Naturalmente il ministro Speranza  ci ha provato ma il governo Draghi come si può intuire non si sogna di aprire una guerra contro i MMG per cui già si sa come andrà a finire: si farà un inciucio in ragione del quale si obbligheranno  i MMG a garantire una inutile presenza simbolica nelle case di comunità ma autorizzandoli a restare nei loro studi privati e non cambierà niente, tutto resterà come prima e dopo 134000 morti di nuovo la politica farà la sua brava brutta figura.
 
Ultima domanda. Tu dici che per “insufficienza” e per “incompetenza”  della politica  si corre a causa di un PNRR miope il rischio del default  cosa vuoi dire ?

Semplice voglio dire che fuori da un qualsiasi progetto di riforma :

  • sprecheremo il PNRR come una occasione per cambiare
  • spenderemo  male le  risorse previste  ma andando a debito
  • lasceremo  irrisolti i vecchi problemi del sistema le sue criticità e le sue contraddizioni che però come delle metastasi continueranno a crescere e a degenerare
  • ma nel frattempo  ci ritroveremo un sistema pubblico finanziato in disavanzo che nel frattempo ci costerà un occhio della testa senza essere in grado di dare delle effettive contropartite di qualità di giustizia di efficienza, e  quindi sarà giudicato insostenibile

Secondo te come andrà a finire? Andrà a finire che gli errori fatti sino ad ora dalla politica andranno a regime finendo di distruggere il più bel sogno riformatore mai concepito dalla modernità ovvero quello di curare tutti in base ai loro diritti.

Ma immagino che la scusa della politica sia già pronta

Sicuro. Ci puoi giurare. Negli anni 90 per giustificare le due controriforme  fatte  si diceva “non è più possibile dare tutto a tutti” oggi dopo una pandemia si tratta di spiegare che  “il diritto alla salute è una bella idea, un sogno, una utopia,   ma oggi non è possibile per nessuno stato moderno farsene carico”. Cioè la politica  sempre per autoassolversi ancora una volta  mentirà  alla storia.

Sulla base di quale menzogna?

E’ una menzogna dire che tutelare pubblicamente il diritto alla salute sia una impresa impossibile  anzi essa è una impresa possibile realmente solo a condizione che la tutela sia veramente pubblica, adeguata e di qualità,  lasciando ovviamente al cittadino la libertà di pagarsi  se vuole una tutela privata ( la riforma del 78 non dice  che è vietato farsi una mutua dice che è vietato con un SSN  farsi una mutua a spese dello Stato)   La sanità pubblica  e adeguata resta una impresa impossibile fino a quando la politica resterà quella impresa mediocre ignorante e cialtrona  che fino ad ora è sempre stata. Ma ve li ricordati i nomi degli ultimi ministri  ella salute che abbiamo avuto prima di Speranza?

Purtroppo mi permetto di aggiungere un commento, il diritto alla salute resta prevalentemente una questione  politica per cui o cominciamo a pretendere dalla politica un cambio di passo o temo che il sogno riformatore si dissolverà ben presto.

Temo che tu abbia ragione. Resta il problema di come  fare per convincere la politica ad un cambio di passo. Io già nel 2016 ho proposto la quarta riforma poi è arrivato in ordine Speranza poi la pandemia e infine il PNRR.

 

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Tag: sanità

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