Sono tornato in Italia dalla Gran Bretagna a settembre dello scorso anno dopo molti anni trascorsi nelle Chirurgie di molti Ospedali Inglesi, Irlandesi ed anche degli Emirati Arabi: una esperienza professionale e di vita interessante ed appassionante assai diversa dalla mia prima vita italiana trascorsa tra Roma e Rieti.
Pensavo ormai di fare come Cincinnato ed ho iniziato un corso di potatura della vite secondo il metodo Simonit & Sirch e ho passato quasi tre mesi, prima a studiare e poi a potare le mie vigne di Vermentino e Cannonau nel nord Ovest della Sardegna. Un lavoro duro insieme a due validi operai, ma dopo due mesi la mia mano destra era visibilmente diversa dalla sinistra, più grande, meno affilata. Per noi chirurghi posso dire di essere passato dal guanto misura 7,5 a 8 pieno.
Un giorno di Febbraio di questo 2021 ho letto che la Protezione Civile intendeva reclutare dei medici per la emergenza sanitaria nella Regione Abruzzo. Inizialmente non ho dato peso perché ritenevo che fosse un lavoro di vaccinazione e sinceramente tra le mie campagne e la vaccinazione anti Covid ero propenso a non muovermi dalla Sardegna. In effetti io avevo dato, come si suol dire, perché a Londonderry avevo operato i Covid Positivi a Marzo e Aprile del 2020!
Poi qualcosa è successo… Una gentile dottoressa, funzionaria della AUSL di Pescara, mi ha informato che la Regione Abruzzo, al fianco della campagna per la vaccinazione anti Covid, intendeva istituire una unità medica unicamente per il trattamento riabilitativo post Covid, cioè per i pazienti negativizzati che erano reduci da Unità di terapia intensiva o Reparti Covid, ma che non potevano essere dimessi per postumi seri o complicanze ancora presenti. In questa Unità richiedevano un ex Primario Geriatra, un ex Medico di Medicina Generale e un chirurgo, ex Primario come risultavo dal mio CV. Come rifiutare?
Il 15 Marzo 2021 ho firmato il contratto e da allora sono ormai passati i due mesi che meritano il mio racconto. Tralascio i primi momenti perchè la novità riguardava non solo noi tre pionieri ma anche l’ambiente dove avremmo dovuto lavorare e quindi le inevitabili incomprensioni.
La decisione della AUSL era di chiudere i ricoveri di un intero piano di degenza di una RSA a pochi km da Pescara, e di destinare quegli spazi alla neonata Nuova Unità medica post Covid. I miei due colleghi F. e C. si sono subito dimostrati aperti di cuore e collaborativi come nelle migliori tradizioni abruzzesi. Un altro collega che prima si occupava di RSA si aggiunse e cosi fummo pronti ad essere i quattro moschettieri della Azienda Sanitaria. Devo però chiarire che anche i miei genitori erano abruzzesi e anche se io per i fatti della vita sono diventato un apolide mi sono felicemente sentito a casa. Un valido e stimato infettivologo, un Galli abruzzese, è a capo di tutte le strategie anti Covid della AUSL. E’ visibile il risultato positivo in termini di efficienza e riduzione dei contagi, che nella AUSL di Pescara sono tra i più bassi della Regione. E lui che coordina i ricoveri dei pazienti presso la nuova Unità Riabilitativa.
Due cose importanti devo comunicare.
La prima riguarda i pazienti. Si può toccare con mano che la suddivisione tradizionale dei pazienti a seconda della patologia prevalente all’ingresso qui non esiste. Il Covid non distingue tra chi è cardiopatico, chi ha problemi motori, chi è cirrotico, chi ha l’Alzhaimer. E se non c’è distinzione tra gli infetti, non c’è neanche tra i negativizzati.
La seconda riguarda noi medici. Chi ha dimenticato il problema delle competenze e delle consulenze che abbiamo vissuto nei nostri ex reparti! Il cardiologo chiamato da tempo che non viene o il chirurgo che risponde: sono in sala operatoria passo domani. E quante incomprensioni con i medici di famiglia! Nel mio nuovo Reparto le consulenze sono in real time! Una vera gioia vedere il paziente insieme e scambiarsi competenze e culture specialistiche solo ad un cenno degli occhi. Sono certo che i miei colleghi abbiano gradito il mio input nei confronti dei pazienti portatori di problemi chirurgici tutt’ora presenti e io stesso ho molto apprezzato le loro opinioni nei confronti dei pazienti con gravi patologie polmonari o cardiache.
Mi ha molto colpito la sofferenza inconscia dei portatori di Alzhaimer e il deterioramento della psiche che apre conflitti enormi tra chi, come noi, non vorrebbe mai vedere se stesso ridotto ad un fantasma e loro che invece vogliono ancora vivere anche se la loro mente è smaterializzata. Medicina, filosofia, etica ed economia: tutto si somma quando la natura umana viene strattonata e smontata come le onde che spazzano le scogliere nel mare tempestoso.
Si, sono contento di ritrovare tanta umanità che il virus non è riuscito a distruggere e che necessita ancora del nostro lavoro di medici. Lavorare con i sopravvissuti ci fa apprezzare la bellezza della vita e ci da anche il coraggio irragionevole per combattere contro le regole della stessa biologia che vorremmo piegare in una sorta di folle convinzione di immortalità.
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